di Clizia BONACITO
Sarà vero il detto “muto come un pesce”? Le sorgenti di origine biologica sono numerosissime, sono sicuramente noti i suoni dei cetacei, ma pochi sanno che anche crostacei e pesci possono essere molto rumorosi. Il verso o il rumore prodotto da un animale si definisce “suono” quando è intenzionale e comunicativo, mentre tutte le produzioni sonore derivanti da casualità o da attività proprie dell’organismo sono definite “rumore”. La comunicazione acustica si è sviluppata in acqua perché è la più rapida e la più efficace in molte situazioni in cui invece quella per esempio visiva non lo sarebbe. La maggiore densità dell’acqua velocizza e facilita la propagazione delle onde sonore (circa 1500 m/s) che possono in ogni caso superare la torbidità dell’acqua o il buio dato dalla profondità e dalla notte. Inoltre per gli organismi marini le onde acustiche sono segnali direzionali facilmente individuabili.
Qualcuno potrebbe obiettare che noi umani sott’acqua in realtà non percepiamo la direzione dalla quale arrivano i suoni. Questo è vero in quanto il nostro orecchio è adattato a percepire i suoni in aria dove viaggiano 5 volte più lenti e quindi il nostro cervello riesce a distinguere se i suoni arrivano prima all’orecchio destro e poi al sinistro o viceversa. Sott’acqua, invece, questo lasso di tempo è troppo breve affinché venga percepito e quindi tradotto nella direzione della provenienza del suono.
Quindi il detto “muto come un pesce” non è vero!
Già nel 1948 erano note circa 40 specie di pesci che emettevano suoni e rumori. Oggi, ogni giorno, si scoprono nuove specie, si supera sicuramente il centinaio, ma è difficile dare una valutazione precisa poiché non esiste un data-base mondiale e aggiornato dei suoni dei pesci. Comunque le famiglie più chiacchierone sono per esempio quella degli Scienidi, dei Gobidii, dei Pomacentridi, degli Serranidi, che comprendono sia specie Mediterranee, sia Atlantiche, sia Tropicali e anche di acqua dolce.
I primi suoni che sono stati registrati e studiati sono stati quelli prodotti dai gamberi schioccatori, detti snapping shrimps (gen. Alpheus e Sinalpheus), che sono dei “click” ad alta frequenza prodotta schioccando le chele, e dai pesci Micropogon undulatus (fam. Scienidi) chiamati Croackers proprio per il rumore da loro prodotto. I meccanismi di produzione dei suoni dei pesci sono distinti in tre tipi: idrodinamici, meccanici e vescico-natatori. I primi sono determinati da movimenti bruschi del corpo
durante il nuoto e sono tipici delle specie nuotatrici, per esempio col movimento della coda. I suoni di tipo meccanico sono anche detti stridulatori perché prodotti dallo sfregamento o dalla percussione di parti dure del corpo come i denti faringei, gli opercoli o le pinne pettorali. La vescica natatoria, se presente, fa da cassa di risonanza. Forse questa è la modalità di produzione di suoni più diffusa, tra i suoni fino ad ora noti. Infine la terza modalità di produzione dei suoni è data dalla compressione della vescica natatoria, prodotta dalla contrazione di muscoli appositi connessi ad essa. La maggior parte degli Scienidi, per esempio, emette suoni in questa maniera. Ovviamente se vengono prodotti i suoni devono anche essere percepiti. Ma come? Anche
se non hanno un padiglione auricolare esterno visibile, hanno comunque un orecchio interno ben sviluppato e molti hanno la linea laterale, che è costituita da una serie di recettori delle bassa frequenza. Inoltre i pesci sentono meglio se hanno una connessione tra la vescica natatoria e l’orecchio interno, connessione data dagli ossicini detti weberiani. Di questa categoria fanno parte per esempio i Clupeidi (aringhe), gli Engraulidi (acciughe), Mormyridi, ecc. La produzione dei suoni è periodica se associata a comportamenti quali la ricerca del cibo e il richiamo dell’altro sesso. Ma alcuni emettono durante tutto l’anno, per esempio per difendere il territorio. A volte è solo il maschio che ha sviluppato la capacità o i muscoli atti per la produzione del
suono, questo avviene soprattutto in quelle specie in cui solo il maschio è territoriale e/o deve conquistare la femmina.
Spesso si riscontra che i segnali acustici affiancano un comportamento altamente stereotipato (detto display) che va a completare la comunicazione espressa già col suono, che può essere la posizione del corpo, delle pinne, la colorazione.
Le forme e colori del mondo marino sicuramente sono le cose che più ci colpiscono sott’acqua, perché la vista è il senso che più usiamo anche fuori. Ma se provate ad ascoltare il mare (e vi assicuro che molti suoni si possono sentire ad orecchio), scoprirete
un modo nuovo di avvicinare questo mondo fantastico!